31 ago 2008
RACCONTI PSICO-ZEN
Il monaco Shiyan parlava continuamente a se stesso:
"Maestro!"
"Si?"
"Sta in guardia!"
"Si!Signore"
"E non lasciare che gli altri ti ingannino!"
"Si, signore!Si, signore!"
Gli uomini sono continuamente ingannati da stimoli provenienti da ciò che li circonda, dalle loro menti inquiete, e dalle loro antipatie passate che impediscono loro di controllarsi nel modo desiderato. Ognuno di noi deve giungere a una chiara comprensione di chi è, fare del suo meglio per svolgere il proprio compito ed essere padrone di se stesso.
30 ago 2008
RECENSIONI: MENTE & CERVELLO
Ho acquistato la rivista dalla sua prima uscita, quando era bimestrale, l’ho lasciata per un breve periodo e ora sono tornato a comprarla. Devo ammettere che ho trovato dei cambiamenti… Ritengo la rivista molto buona, riesce ad incastrare molto bene la psicologia con le pillole di neuroscienze. La presenza di grafici colorati e molto semplici permette anche alla persona non addetta al mestiere di interessarsi e approfondire la propria curiosità. L’attuale mensile rimane secondo me, un buon punto di partenza per accrescere le proprie aree di interesse. Nell’arco di alcuni mesi vi furono delle vere e proprie lezioni sul sistema nervoso e sul suo funzionamento, devo ammettere che sono state molto stimolanti nonostante la semplicità. Devo annotare che, rispetto all’inizio, la parte “scientifica-neurologica” si è un po’ ridimensionata probabilmente per permettere una fruizione da parte di un pubblico maggiore, ma per il resto rimane una pubblicazione molto interessante.
TITOLO: Mente & Cervello
USCITA IN EDICOLA: mensile
26 ago 2008
RIFLESSIONI
Torno fresco fresco da una serata con alcuni amici. Mi trovavo a parlare di psicologia con un ragazzo quando ad un certo punto un nostro amico è intervenuto dicendo:"Attento!Altrimenti questo ti psicanalizza!!".
Quanti di voi si sono sentiti dire questa battuta alzino la mano! Vi vedo in tanti!! Questa frase mi ha fatto riflettere su un'altra leggenda metropolitana: gli psicologi lavorano 24 su 24 e "analizzano" tutti!
Partiamo dal presupposto che io non sono neppure uno psicanalista...anzi sono un cognitivo-comportamentale; ma vorrei mettere in evidenza come la professione dello psicologo sia vista come un'attività che un individuo svolge in continuazione. Tale disinformazione sottolinea la poca conoscenza del lavoro dello psicologo, delle sue tecniche e delle specifiche conoscenze.
Signori carissimi!Lo psicologo è una professione che per essere espletata ha bisogno di un determinato "contorno", come qualunque altra professione! Sicuramente, noi psicologi siamo un pò più sensibili nel percepire alcune particolarità (neppure tanto a dir la verità, se vado con i miei amici penso a divertirmi e non a lavorare), ma ciò non implica che da uno sguardo comprendiamo tutto delle persone! In fondo, anche noi psicologi siamo esseri umani!!
Quanti di voi si sono sentiti dire questa battuta alzino la mano! Vi vedo in tanti!! Questa frase mi ha fatto riflettere su un'altra leggenda metropolitana: gli psicologi lavorano 24 su 24 e "analizzano" tutti!
Partiamo dal presupposto che io non sono neppure uno psicanalista...anzi sono un cognitivo-comportamentale; ma vorrei mettere in evidenza come la professione dello psicologo sia vista come un'attività che un individuo svolge in continuazione. Tale disinformazione sottolinea la poca conoscenza del lavoro dello psicologo, delle sue tecniche e delle specifiche conoscenze.
Signori carissimi!Lo psicologo è una professione che per essere espletata ha bisogno di un determinato "contorno", come qualunque altra professione! Sicuramente, noi psicologi siamo un pò più sensibili nel percepire alcune particolarità (neppure tanto a dir la verità, se vado con i miei amici penso a divertirmi e non a lavorare), ma ciò non implica che da uno sguardo comprendiamo tutto delle persone! In fondo, anche noi psicologi siamo esseri umani!!
23 ago 2008
INTERVENTI: DOTT.ssa CAPOZUCCA RACHELE, Psicologo Dirigente presso il Servizio di Psicologia Clinica – Modulo di Pescara
...ULTIMA PARTE..
Quali difficoltà ha trovato all’inizio della sua professione?
Nella realtà abruzzese, in particolare, le difficoltà sono state di due ordini: professionale e lavorativo. Nel primo ambito è stato difficile proporre, più di 20 anni fa, una psicoterapia che mirava non alla soluzione dei problemi ma a guardare il problema a 360°. Per quanto compete il secondo aspetto vi era carenza della richiesta di psicologi clinici soprattutto nell’area delle istituzioni, mentre, al contrario, nel privato sociale si affacciava e lentamente si imponeva il ruolo dello psicologo sociale e di comunità, settore esperienziale nel quale ho iniziato a lavorare.
Secondo lei, quali sono i problemi attuali per la professione dello psicologo?
Il problema principale resta quello di entrare nel mondo del lavoro sia a causa dell’elevato numero di laureati che la nostra Università (di Chieti) sforna annualmente e sia per l’attuale carenza di proposte istituzionali di inserimento della figura dello psicologo in realtà eterogenee di lavoro tuttora molto penalizzare. Infine, l’attuale ordinamento universitario non permette una effettiva formazione meglio mirata ai bisogni attuali del mercato del lavoro.
Come è cambiata la Psicologia negli ultimi anni?
Per quanto compete la mia esperienza il cambiamento più eclatante mi sembra quello relativo all’eccessiva medicalizzazione del percorso formativo e forse una eccessiva generalizzazione del “fare psicologia”, per chiunque si avvicini al possesso dei requisiti minimi della professione senza aver effettuato in realtà un adeguato training.
Come sono, invece, cambiati gli psicologi?
Da quando sono sorte le prime facoltà in Italia continua a perpetuarsi , tra gli psicologi, un vissuto di “monadismo” ovvero di chiusura ed estrema difficoltà nel comunicarsi il senso di appartenenza professionale e, logicamente, la mancata strutturazione dell’essere una categoria professionale in grado di rappresentare se stessa rispetto ai bisogni della società. Non sono, comunque, da sottovalutare gli sforzi fatti dall’Ordine Nazionale per conferire dignità e riconoscimento alla nostra professione.
Dalla sua esperienza, ci può dire qualcosa in merito all’evoluzione della domanda di psicologia?
Dal mio osservatorio lavorativo posso evidenziare un effettivo cambiamento della richiesta di aiuto, sintomo di una consapevolezza diversa circa gli interventi psicologici.
Infatti, negli ultimi anni si sta assistendo ad una lenta ma progressiva trasformazione dell’utenza, che, al di là delle patologie prettamente psichiatriche permette agli individui di chiedere prestazioni di psicoterapia come bisogno esistenziale ed evolutivo di cambiamento, attraverso un grado di nuova consapevolezza del concetto di Salute Mentale.
Come vede il rapporto tra gli psicologi e gli psichiatri?
È un rapporto ancora molto sofferente, e soggetto a doverose trasformazioni in positivo.
Esiste di fatto una frattura significativa tra le due professionalità che vede nell’espletamento della psicoterapia una delle aree di maggiore conflittualità. Questa diatriba, ancora difficile da definire, se dovesse essere superata potrebbe invece, al contrario, facilitare la nascita di nuove sinergie professionali.
La ringrazio per la sua disponibilità, prima di lasciarla vorrei chiederle un’ultima cosa: rifarebbe la psicologia?Vuole dare ai lettori qualche consiglio?
Chiaramente rifarei la psicologa, non perché sia una missione ma perché è un lavoro che negli anni di esperienza ha confermato le attitudini professionali e la mia crescita personale.
Ai lettori, quello che mi sento di consigliare, è di seguire questo percorso sapendo che è difficile e complesso ma se perseguito nel tempo non serve solo ai pazienti ma all’evoluzione del proprio progetto di vita.
Quali difficoltà ha trovato all’inizio della sua professione?
Nella realtà abruzzese, in particolare, le difficoltà sono state di due ordini: professionale e lavorativo. Nel primo ambito è stato difficile proporre, più di 20 anni fa, una psicoterapia che mirava non alla soluzione dei problemi ma a guardare il problema a 360°. Per quanto compete il secondo aspetto vi era carenza della richiesta di psicologi clinici soprattutto nell’area delle istituzioni, mentre, al contrario, nel privato sociale si affacciava e lentamente si imponeva il ruolo dello psicologo sociale e di comunità, settore esperienziale nel quale ho iniziato a lavorare.
Secondo lei, quali sono i problemi attuali per la professione dello psicologo?
Il problema principale resta quello di entrare nel mondo del lavoro sia a causa dell’elevato numero di laureati che la nostra Università (di Chieti) sforna annualmente e sia per l’attuale carenza di proposte istituzionali di inserimento della figura dello psicologo in realtà eterogenee di lavoro tuttora molto penalizzare. Infine, l’attuale ordinamento universitario non permette una effettiva formazione meglio mirata ai bisogni attuali del mercato del lavoro.
Come è cambiata la Psicologia negli ultimi anni?
Per quanto compete la mia esperienza il cambiamento più eclatante mi sembra quello relativo all’eccessiva medicalizzazione del percorso formativo e forse una eccessiva generalizzazione del “fare psicologia”, per chiunque si avvicini al possesso dei requisiti minimi della professione senza aver effettuato in realtà un adeguato training.
Come sono, invece, cambiati gli psicologi?
Da quando sono sorte le prime facoltà in Italia continua a perpetuarsi , tra gli psicologi, un vissuto di “monadismo” ovvero di chiusura ed estrema difficoltà nel comunicarsi il senso di appartenenza professionale e, logicamente, la mancata strutturazione dell’essere una categoria professionale in grado di rappresentare se stessa rispetto ai bisogni della società. Non sono, comunque, da sottovalutare gli sforzi fatti dall’Ordine Nazionale per conferire dignità e riconoscimento alla nostra professione.
Dalla sua esperienza, ci può dire qualcosa in merito all’evoluzione della domanda di psicologia?
Dal mio osservatorio lavorativo posso evidenziare un effettivo cambiamento della richiesta di aiuto, sintomo di una consapevolezza diversa circa gli interventi psicologici.
Infatti, negli ultimi anni si sta assistendo ad una lenta ma progressiva trasformazione dell’utenza, che, al di là delle patologie prettamente psichiatriche permette agli individui di chiedere prestazioni di psicoterapia come bisogno esistenziale ed evolutivo di cambiamento, attraverso un grado di nuova consapevolezza del concetto di Salute Mentale.
Come vede il rapporto tra gli psicologi e gli psichiatri?
È un rapporto ancora molto sofferente, e soggetto a doverose trasformazioni in positivo.
Esiste di fatto una frattura significativa tra le due professionalità che vede nell’espletamento della psicoterapia una delle aree di maggiore conflittualità. Questa diatriba, ancora difficile da definire, se dovesse essere superata potrebbe invece, al contrario, facilitare la nascita di nuove sinergie professionali.
La ringrazio per la sua disponibilità, prima di lasciarla vorrei chiederle un’ultima cosa: rifarebbe la psicologia?Vuole dare ai lettori qualche consiglio?
Chiaramente rifarei la psicologa, non perché sia una missione ma perché è un lavoro che negli anni di esperienza ha confermato le attitudini professionali e la mia crescita personale.
Ai lettori, quello che mi sento di consigliare, è di seguire questo percorso sapendo che è difficile e complesso ma se perseguito nel tempo non serve solo ai pazienti ma all’evoluzione del proprio progetto di vita.
20 ago 2008
INTERVENTI: DOTT.ssa CAPOZUCCA, Psicologo Dirigente presso il Servizio di Psicologia Clinica-Modulo di Pescara
Giorni addietro sono riuscito ad ottenere un incontro con uno Psicologo Dirigente della ASL di Pescara, del Servizio di Psicologia Clinica. Quest’ultimo si trova presso il Centro di Salute Mentale; salgo al primo piano e trovo le indicazioni del Servizio.
Mi si presenta un lungo corridoio su cui si affacciano le stanze dei professionisti (psicologi, psichiatri e assistenti sociali), l’ambiente appare abbastanza accogliente nonostante tale struttura faccia parte dell’ala vecchia dell’Ospedale di Pescara e quindi presenta i classici “decori” delle corsie nosocomiali. Chiedo all’infermiere dell’Accettazione lo studio della Dott.ssa Capozucca e lui gentilmente mi indica l’ultima porta sulla sinistra. Percorro la corsia e supero un paio di utenti seduti su nuove poltroncine d’attesa che mi scrutano con aria curiosa. Busso e una dottoressa con voce rassicurante mi invita ad entrare ed accomodarmi. La stanza è di medie dimensioni, da un lato un paio di finestre permettono un’ottima illuminazione naturale che favorisce il crescere rigoglioso di alcune piante grasse,un ficus e diverse primule dai colori accesi. Su pareti opposte vi sono delle stampe incorniciate a giorno, uno dei quali è un particolare della Creazione, di Michelangelo. Un armadio con le ante di vetro si intona alla perfezione con la scrivania perfettamente ordinata e pulita. Sembra di non essere più in un ala ospedaliera se non per alcuni interruttori dell’ossigeno “avanzati” che stonano con un ambiente così caldo. La dottoressa ha un fare molto cordiale, si nota subito la mancanza del camice ma a sostituirlo un bel vestitino blu, l’abbondante capigliatura rosso-castano cade sulle spalle.
Gentilissima Dott.ssa, prima di ogni altra cosa vorrei ringraziarla per aver trovato un po’ di tempo per ricevermi e dedicare un po’ di tempo a questa intervista. In un Servizio pubblico siete sempre molto impegnati. Non volendole rubare altro tempo mi piacerebbe cominciare subito chiedendole da quanti anni esercita la professione di psicologa?
Circa 20 anni di effettivo lavoro, oltre a circa 5 anni di tirocinio e volontariato spesi precedentemente.
Quale è stata la sua formazione psicoterapeutica?
Sistemica-relazionale presso la Società Italiana di Medicina Psicosomatica associata alla IV Cattedra della Facoltà di Psichiatria diretta dal Prof. Paolo Pancheri; inoltre ho conseguito titoli di formazione inerenti soprattutto la prevenzione sanitaria nell’ambito dei servizi consultori ali. Infine, negli ultimi anni, per esigenze di servizio, mi sono dovuta dedicare all’approfondimento della Psicologia Giuridica nell’ambito minorile.
Di che cosa si occupa la terapia sistemica-relazionale?
Essa si occupa principalmente di interventi sulle coppie, sulle famiglie e anche sui sistemi allargati. Infatti, richiede la presenza di un co-terapeuta dato che il lavoro clinico contempla tanto l’osservazione che l’attuazione di strategie terapeutiche su 2 o più individui.
Normalmente, viene effettuata attraverso sedute quindicinali e di solito, là dove è possibile, in un ambiente dotato di specchio unidirezionale e videocamera per la registrazione delle sedute.
Come viene interpretato il sintomo alla luce dell’ottica sistemica?
I sintomi vengono interpretati come l’espressione di comportamenti disfunzionali agiti per un verso da colui che viene chiamato “il paziente designato”, che appunto “fa il sintomo” del disagio e del malessere di cui l’intero sistema familiare è connotato e, per l’altro verso come elemento di mantenimento di un equilibrio “omeostatico”, in grado di evitare l’esplosione di ulteriori agiti da parte degli altri membri che condurrebbe alla disintegrazione del sistema stesso. Inoltre, i sintomi esperiti all’interno del nucleo familiare esprimono significati di bisogni diversi a seconda del momento della fase del ciclo vitale attraversato dalla famiglia.
Come interviene la terapia?
La terapia interviene attraverso una serie di prescrizioni e compiti e finalizzati a raggiungere obiettivi di ristrutturazione del sistema, come la ridefinizione dei confini tra un sistema e un sottosistema (livello genitoriale, livello dei figli) e soprattutto lavorando sugli elementi prioritari di cambiamento della comunicazione (livello verbale e non) definendo dei tempi terapeutici precisi e conferendo pertanto a tale indirizzo terapeutico anche aspetti di direttività.
...FINE PRIMA PARTE...
Mi si presenta un lungo corridoio su cui si affacciano le stanze dei professionisti (psicologi, psichiatri e assistenti sociali), l’ambiente appare abbastanza accogliente nonostante tale struttura faccia parte dell’ala vecchia dell’Ospedale di Pescara e quindi presenta i classici “decori” delle corsie nosocomiali. Chiedo all’infermiere dell’Accettazione lo studio della Dott.ssa Capozucca e lui gentilmente mi indica l’ultima porta sulla sinistra. Percorro la corsia e supero un paio di utenti seduti su nuove poltroncine d’attesa che mi scrutano con aria curiosa. Busso e una dottoressa con voce rassicurante mi invita ad entrare ed accomodarmi. La stanza è di medie dimensioni, da un lato un paio di finestre permettono un’ottima illuminazione naturale che favorisce il crescere rigoglioso di alcune piante grasse,un ficus e diverse primule dai colori accesi. Su pareti opposte vi sono delle stampe incorniciate a giorno, uno dei quali è un particolare della Creazione, di Michelangelo. Un armadio con le ante di vetro si intona alla perfezione con la scrivania perfettamente ordinata e pulita. Sembra di non essere più in un ala ospedaliera se non per alcuni interruttori dell’ossigeno “avanzati” che stonano con un ambiente così caldo. La dottoressa ha un fare molto cordiale, si nota subito la mancanza del camice ma a sostituirlo un bel vestitino blu, l’abbondante capigliatura rosso-castano cade sulle spalle.
Gentilissima Dott.ssa, prima di ogni altra cosa vorrei ringraziarla per aver trovato un po’ di tempo per ricevermi e dedicare un po’ di tempo a questa intervista. In un Servizio pubblico siete sempre molto impegnati. Non volendole rubare altro tempo mi piacerebbe cominciare subito chiedendole da quanti anni esercita la professione di psicologa?
Circa 20 anni di effettivo lavoro, oltre a circa 5 anni di tirocinio e volontariato spesi precedentemente.
Quale è stata la sua formazione psicoterapeutica?
Sistemica-relazionale presso la Società Italiana di Medicina Psicosomatica associata alla IV Cattedra della Facoltà di Psichiatria diretta dal Prof. Paolo Pancheri; inoltre ho conseguito titoli di formazione inerenti soprattutto la prevenzione sanitaria nell’ambito dei servizi consultori ali. Infine, negli ultimi anni, per esigenze di servizio, mi sono dovuta dedicare all’approfondimento della Psicologia Giuridica nell’ambito minorile.
Di che cosa si occupa la terapia sistemica-relazionale?
Essa si occupa principalmente di interventi sulle coppie, sulle famiglie e anche sui sistemi allargati. Infatti, richiede la presenza di un co-terapeuta dato che il lavoro clinico contempla tanto l’osservazione che l’attuazione di strategie terapeutiche su 2 o più individui.
Normalmente, viene effettuata attraverso sedute quindicinali e di solito, là dove è possibile, in un ambiente dotato di specchio unidirezionale e videocamera per la registrazione delle sedute.
Come viene interpretato il sintomo alla luce dell’ottica sistemica?
I sintomi vengono interpretati come l’espressione di comportamenti disfunzionali agiti per un verso da colui che viene chiamato “il paziente designato”, che appunto “fa il sintomo” del disagio e del malessere di cui l’intero sistema familiare è connotato e, per l’altro verso come elemento di mantenimento di un equilibrio “omeostatico”, in grado di evitare l’esplosione di ulteriori agiti da parte degli altri membri che condurrebbe alla disintegrazione del sistema stesso. Inoltre, i sintomi esperiti all’interno del nucleo familiare esprimono significati di bisogni diversi a seconda del momento della fase del ciclo vitale attraversato dalla famiglia.
Come interviene la terapia?
La terapia interviene attraverso una serie di prescrizioni e compiti e finalizzati a raggiungere obiettivi di ristrutturazione del sistema, come la ridefinizione dei confini tra un sistema e un sottosistema (livello genitoriale, livello dei figli) e soprattutto lavorando sugli elementi prioritari di cambiamento della comunicazione (livello verbale e non) definendo dei tempi terapeutici precisi e conferendo pertanto a tale indirizzo terapeutico anche aspetti di direttività.
...FINE PRIMA PARTE...
RIFLESSIONI
Il giorno di Ferragosto mi trovavo con alcuni amici al mare e parlammo un po’ di Psicologia, ad un certo punto un ragazzo disse, con lo sguardo preoccupato:
“Io avrei paura ad andare dallo Psicologo, chi sa che cosa mi dice?”
Ma le persone che idea hanno dello Psicologo? Cosa credono succeda durante un colloquio? Esistono tantissime leggende metropolitane sulla Psicologia che molto spesso non l’aiutano sicuramente!!
Vorrei tranquillizzare tutti… nella stanza dello Psicologo non accade niente di paranormale…si parla solamente… Si! Avete capito bene, si parla!! Non esiste nessuna sfera di cristallo che permette al professionista di sentenziare sul vostro passato, presente o futuro.
Dallo Psicologo si và in cerca di un aiuto in una situazione di malessere psichico. Egli aiuterà a trovare (insieme) una soluzione, dopo aver compreso pienamente il problema.
Non dà risposte sibilline, né prevede il futuro…
Aiuta a chiarire e prendere meglio coscienza di alcuni problemi e sostenere durante la soluzione di essi.
“Io avrei paura ad andare dallo Psicologo, chi sa che cosa mi dice?”
Ma le persone che idea hanno dello Psicologo? Cosa credono succeda durante un colloquio? Esistono tantissime leggende metropolitane sulla Psicologia che molto spesso non l’aiutano sicuramente!!
Vorrei tranquillizzare tutti… nella stanza dello Psicologo non accade niente di paranormale…si parla solamente… Si! Avete capito bene, si parla!! Non esiste nessuna sfera di cristallo che permette al professionista di sentenziare sul vostro passato, presente o futuro.
Dallo Psicologo si và in cerca di un aiuto in una situazione di malessere psichico. Egli aiuterà a trovare (insieme) una soluzione, dopo aver compreso pienamente il problema.
Non dà risposte sibilline, né prevede il futuro…
Aiuta a chiarire e prendere meglio coscienza di alcuni problemi e sostenere durante la soluzione di essi.
18 ago 2008
RECENSIONE: L’INTELLIGENZA EMOTIVA
Libro di culto per gli psicologi. In tutto il libro l’autore tesse le corrispondenze tra emozioni, cognizioni e biologia. Il linguaggio chiaro a volte è connotato, logicamente, da termini tecnici ma comprensibilissimi. Il testo è correlato da numerosi esempi e racconti e ciò rende tutto più fruibile. È un libro utile per la comprensione delle emozioni e dei processi che essi attivano o da cui vengono attivati. Apre uno squarcio verso un’altra intelligenza che non è quella classica (matematica, visuo-spaziale, verbale).
Le principali emozioni vengono sviscerate sotto l’aspetto cognitivo e biologico. Sinceramente devo ammettere che in alcuni passi è un po’ ridondante ma niente di particolarmente noioso.
TITOLO: L’intelligenza emotiva
AUTORE:Daniel Goleman
CASA EDITRICE: BUR
16 ago 2008
DR PSYCHO: SINDROME DEL CLONE (Sindrome di Capgras)
Cosa pensereste se un individuo entra in casa vostra, del tutto simile ad un vostro caro: parla come lui, si comporta come lui e sa tutto di voi ma non percepite in lui nessuna familiarità e affettività nei suoi confronti?Penserete ad un sosia!!
Quanto detto sopra è ciò che accade e vive la persona affetta dalla Sindrome di Capgras. Tale disturbo comporta che il soggetto riconosce le persone che lo circondano ma non riescono ad associare alle persone care i sentimenti che provano. Il cervello per ovviare a questa ambivalenza crea la “credenza” che la persona cara sia in verità un sosia o un clone. Esistono due vie cerebrali principali che aiutano a riconoscere i volti: la via temporo-parietale che sfocia nel lobo frontale e con connessioni con il sistema limbico (“produce” la familiarità) e la via temporale ventrale (accede alle informazioni semantiche). Nel momento che vi sia una lesione nel sistema che “produce la familiarità” il soggetto riconosce l’individuo ma non la connota come familiare e emotivamente rilevante. Per ovviare a questi sentimenti la mente crea la “credenze” del clone.
IL COMPORTAMENTISMO
Alla vista di questo termine molti di voi storceranno il naso pensando che io abbia tirato fuori questa parola da una cantina impolverata.
Nonostante il comportamentismo si sia evoluto nell’approccio cognitivo-comportamentale non dobbiamo dimenticarci che esso è sempre un pilastro della psicologia, sia dal punto di vista storico che metodologico. Questo approccio sostiene che l’oggetto di studio della psicologia deve essere il comportamento degli esseri umani. Caratteristica fondamentale della modificazione comportamentale è la forte importanza che si dà alla definizione di problemi come comportamenti misurabili. Altro elemento rilevante è che le procedure e le tecniche di trattamento sono modi per produrre un cambiamento allo scopo di aiutare l’individuo a funzionare in modo più completo. I principi base del comportamentismo sono l’apprendimento e l’uso di rinforzi.
Nonostante il comportamentismo si sia evoluto nell’approccio cognitivo-comportamentale non dobbiamo dimenticarci che esso è sempre un pilastro della psicologia, sia dal punto di vista storico che metodologico. Questo approccio sostiene che l’oggetto di studio della psicologia deve essere il comportamento degli esseri umani. Caratteristica fondamentale della modificazione comportamentale è la forte importanza che si dà alla definizione di problemi come comportamenti misurabili. Altro elemento rilevante è che le procedure e le tecniche di trattamento sono modi per produrre un cambiamento allo scopo di aiutare l’individuo a funzionare in modo più completo. I principi base del comportamentismo sono l’apprendimento e l’uso di rinforzi.
13 ago 2008
RECENSIONE: PERCHÉ ALLE ZEBRE NON VIENE L’ULCERA?
Il sottotitolo del libro è “La più istruttiva e divertente guida allo stress e alle malattie che produce. Con tutte le soluzioni per vincerlo”. Il sottotitolo è più che azzeccato, il testo è molto divertente, spiega in maniera ironica, semplice e chiara i processi psicobiologici dello stress, le sue conseguenze sull’organismo. Vi è mai venuto in mente delle causa psicobiologiche dei disturbi gastrointestinali nei momenti di ansia? Come lo spieghereste ad un paziente in maniera semplice? Ebbene! Questo testo vi aiuta a dirimere i dubbi!! Alcuni termini tecnici possono essere un po’ ostici, ma è tutto spiegato in maniera schietta! I primi capitoli spiegano un po’ il sistema nervoso in maniera semplice, mentre i successivi spiegano l’interazione tra lo stress e i vari sistemi del nostro corpo!
TITOLO: Perché alle zebre non viene l’ulcera?
AUTORE:Robert M. Sapolsky
CASA EDITRICE: Orme
9 ago 2008
RACCONTI PSICO-ZEN
Nei folti cespugli presso un piccolo stagno, viveva una famiglia di rane…
La madre ai piccoli:
“Esiste il cielo per le rane, e così pure la terra… in modo che abbiamo spazio in cui vivere!... Esiste l’acqua per le rane, e anche l’aria!”
I piccoli: “Hurrah! Hurrah! Hurrah!”.
“Esistono gli insetti dell’aria per le rane, e anche i frutti caduti a terra!”
All’improvviso un enorme serpente si avventò su un piccolo e lo ingoiò.
Le rane: “Povero piccino…!” “Che spavento…!”
I piccoli alla madre:
“Allora per le rane esistono anche i serpenti?”
La madre ai piccoli:
“Certo! Anche i serpenti sono lì per noi. Se non ci fossero serpenti a mangiare alcuni di noi, ci moltiplicheremmo esageratamente e non vi sarebbe posto per tutti”.
“Questo è sensato….”.
Non vi è un criterio definito di buono e cattivo. Quando qualcosa accade, tutto dipende dal modo in cui lo si considera, dal lato buono o da quello cattivo.
7 ago 2008
INCOMINCIARE A MUOVERSI... IN PRIVATO
Da più parti mi richiedono quali sono i passi fondamentali per aprire uno studio privato!!!
1. Possesso della partita IVA. Parlatene con il vostro commercialista di fiducia, successivamente basta andare all’Ufficio delle Entrate (in base al proprio domicilio fiscale) e compilare il modulo
a. AA9/7 (di colore rosso) se decidete di intraprendere l’attività in forma di ditta individuale;
b. AA7/7 (di colore marrone) se l’attività è in forma societaria.
2. Iscrizione ENPAP è obbligatoria sempre, anche in caso di prestazioni occasionali;
3. Consenso informato.
4. Adempimenti in materia di trattamenti dei dati personali e sensibili
5. Documento programmatico di sicurezza.
1. Possesso della partita IVA. Parlatene con il vostro commercialista di fiducia, successivamente basta andare all’Ufficio delle Entrate (in base al proprio domicilio fiscale) e compilare il modulo
a. AA9/7 (di colore rosso) se decidete di intraprendere l’attività in forma di ditta individuale;
b. AA7/7 (di colore marrone) se l’attività è in forma societaria.
2. Iscrizione ENPAP è obbligatoria sempre, anche in caso di prestazioni occasionali;
3. Consenso informato.
4. Adempimenti in materia di trattamenti dei dati personali e sensibili
5. Documento programmatico di sicurezza.
ANSIA NORMALE E PATOLOGICA
Immaginate i nostri avi preistorici che dovevano andare a caccia. Si inoltravano nelle praterie, ma dovevano stare attenti ai predatori. I loro muscoli si irrigidivano, il fiato si faceva corto, il cuore batteva più forte e le percezioni amplificate…tutto al fine di evitare il pericolo e prepararsi alla fuga. Questa piccola storia ci mostra come l’ansia sia stata utile per l’evoluzione dell’uomo. Anche oggi l’ansia è indice di una particolare attenzione, al fine di evitare la minaccia. L’ansia sana è utile per la vita di tutti i giorni, per evitare le emergenze; essa si attiva ed è proporzionale al pericolo reale. L’angoscia è patologica quando è sproporzionata rispetto allo stimolo reale o percepito, e quando essa si attiva senza un reale pericolo. L’ansia è considerata disfunzionale se non permette una vita serena ed impedisce all’individuo di compiere le normali attività quotidiane…come se i nostri avi fossero scattati e pronti alla fuga di fronte ad un coniglio…con che cosa avrebbe cenato?
5 ago 2008
DR PSYCHO: SINDROME DI ZELIG
Ciao a tutti!!ecco una nuova piccola rubrica in questo psico-blog. Il titolo della rubrica è molto indicativo…ricordate il telefilm Dr House!! In questa area del blog presenterò sindromi psico-biologiche rare.
SINDROME DI ZELIG (o Sindrome da dipendenza ambientale)
Questa particolare Sindrome comporta che l’individuo di fronte a particolari situazioni o oggetti tende ad “inventare” il proprio passato, adeguandolo alle persone e agli oggetti con cui di volta in volta entra in relazione.
L’individuo può, in un contesto medico, credere di essere un illustre medico, creandosi la propria storia e il proprio curriculum vitae. Oppure quando da piccoli si fanno i giochi di ruolo e ci si inventava una nuova realtà e personalità.
Dalle recenti ricerche si è compreso che tale disturbo sia causato da un grave deficit nel funzionamento dei lobi frontali.
Tali aree cerebrali hanno la funzione di essere “freni inibitori” nei confronti dell’attivazione provocata dai “neuroni specchio”. Questi ultimi governano la capacità di provare empatia, ovvero di sintetizzarsi sulle emozioni altrui. Senza i freni dei lobi frontali tale “identificazione”, prende il sopravvento provocando la perdita dell’identità personale e l’acquisizione dell’identità altrui.
A ME LE LE MANI!!
Vi invito a fare un piccolo gioco....
Poggiate una o entrambe le mani vicino lo schermo...
In base ad una recente ricerca pubblicata su Cognition ora riuscirete a ricordare meglio questo post!!!
Uno studio ha dimostrato che tenere le mani vicino ad un testo che si sta leggendo altera il modo in cui il nostro cervello elabora l'informazione, accrescendo la capacità di memorizzazione. Secondo i ricercatori la possibile spiegazione sta nel fatto che il cervello si preparerebbe ad una imminente manipolazione dell'oggetto osservato. Per compiere tale compito il cervello deve approfondire l'analisi al fine di produrre un movimento più accurato. La posizione delle mani faciliterebbe la concentrazione e farebbe distogliere l'attenzione con maggiori difficoltà.
Poggiate una o entrambe le mani vicino lo schermo...
In base ad una recente ricerca pubblicata su Cognition ora riuscirete a ricordare meglio questo post!!!
Uno studio ha dimostrato che tenere le mani vicino ad un testo che si sta leggendo altera il modo in cui il nostro cervello elabora l'informazione, accrescendo la capacità di memorizzazione. Secondo i ricercatori la possibile spiegazione sta nel fatto che il cervello si preparerebbe ad una imminente manipolazione dell'oggetto osservato. Per compiere tale compito il cervello deve approfondire l'analisi al fine di produrre un movimento più accurato. La posizione delle mani faciliterebbe la concentrazione e farebbe distogliere l'attenzione con maggiori difficoltà.
4 ago 2008
RECENSIONE: PENSO BENE, MI SENTO MEGLIO
Scusate, avete capito che amo questa autrice. Oggi vi presento un altro libro della Strocchi. In esso l’autrice descrive come ri-educarsi a pensare in maniera razionale. Secondo me il motto del libro è: “non sono le situazioni ad essere negative ma cosa noi pensiamo di esse”, nel volume la Dott.ssa descrive quali sono i nostri “errori” di giudizio sulle situazioni e noi stessi che ci portano a star male. Il linguaggio, molto semplice e diretto, aiuta il lettore ad entrare in contatto con le proprie credenze errate e a correggerle; la lista degli errori è molto lunga e vengono esaminati uno alla volta correlandoli di esempi molto chiari e “illuminanti”. E un libro utile anche per il professionista che si trova a spiegare le “idee disfunzionali” ai propri pazienti.
TITOLO: Penso bene, mi sento meglio
AUTORE: Maria Cristina Strocchi
CASA EDITRICE: San Paolo
3 ago 2008
RACCONTI PSICO-ZEN
Dopo che il monaco Damei ebbe raggiunto l’illuminazione, andò a vivere da solo sulle montagne. Un giorno un monaco errante si smarrì e s’imbattè in Damei.
“Da quanto vivi sulle montagne?”
“Ho visto solo le montagne circostanti diventare verdi e gialle, e questo fiume scorrere abbondante”
“Puoi dirmi come uscire da queste montagne?”
“Segui la corrente”
Il movimento in origine era facile, ma siamo stati ostacolati da così tante regole e restrizioni mondane che a volte è difficile persino fare un solo passo
“Da quanto vivi sulle montagne?”
“Ho visto solo le montagne circostanti diventare verdi e gialle, e questo fiume scorrere abbondante”
“Puoi dirmi come uscire da queste montagne?”
“Segui la corrente”
Il movimento in origine era facile, ma siamo stati ostacolati da così tante regole e restrizioni mondane che a volte è difficile persino fare un solo passo
2 ago 2008
LA PSICOTERAPIA COGNITIVA
Una ragazza è in fila alla cassa di un supermercato, un ragazzo la osserva insistentemente. La ragazza nel notare l’interesse del ragazzo si rallegra.
Una ragazza è in fila alla cassa di un supermercato, un ragazzo la osserva insistentemente. La ragazza nel notare l’interesse del ragazzo si rattrista.
Due storie identiche ma finali differenti…come mai la prima ragazza si rallegra mentre la seconda no? Il motivo è nei pensieri delle due ragazze, probabilmente la ragazza 1 ha pensato “Mi osserva, gli piaccio, sono bella e piaccio a tutti!”. La ragazza 2 ha invece pensato “Mi osserva, ho qualcosa che non và, non piacerò a nessuno”.
Questi brevissimi e molto semplici esempi spiegano il meccanismo e l’influenza dei nostri pensieri sul nostro stato d’animo e, di conseguenza, sulle azioni.
In base alla teoria cognitiva le nostre emozioni sono conseguenze dei nostri pensieri automatici e delle nostre credenze profonde sul mondo, sugli altri e su noi stessi. Molti pensieri sono irrazionali e falsi e ci causano solo malessere e bassa autostima.
Il percorso psicoterapeutico ad indirizzo cognitivo ha lo scopo di identificare questi pensieri disfunzionali, rintracciarne l'origine, falsificarli e correggerli.
Una ragazza è in fila alla cassa di un supermercato, un ragazzo la osserva insistentemente. La ragazza nel notare l’interesse del ragazzo si rattrista.
Due storie identiche ma finali differenti…come mai la prima ragazza si rallegra mentre la seconda no? Il motivo è nei pensieri delle due ragazze, probabilmente la ragazza 1 ha pensato “Mi osserva, gli piaccio, sono bella e piaccio a tutti!”. La ragazza 2 ha invece pensato “Mi osserva, ho qualcosa che non và, non piacerò a nessuno”.
Questi brevissimi e molto semplici esempi spiegano il meccanismo e l’influenza dei nostri pensieri sul nostro stato d’animo e, di conseguenza, sulle azioni.
In base alla teoria cognitiva le nostre emozioni sono conseguenze dei nostri pensieri automatici e delle nostre credenze profonde sul mondo, sugli altri e su noi stessi. Molti pensieri sono irrazionali e falsi e ci causano solo malessere e bassa autostima.
Il percorso psicoterapeutico ad indirizzo cognitivo ha lo scopo di identificare questi pensieri disfunzionali, rintracciarne l'origine, falsificarli e correggerli.
1 ago 2008
EMOZIONE
“Ah…che emozione!” Molto spesso sentiamo questa frase ma, altrettanto frequentemente, le persone non sanno definire che cosa intendono per emozione ed alcuni non sanno neppure definire quale emozione stanno vivendo (questi sono gli alexitimici!!!!non bisogna abbatterli…magari mandateli da noi!).
L’emozione è una reazione affettiva che insorge velocemente e che altrettanto brevemente dura ed è determinata da uno stimolo ambientale o interno.(ovvero vedo per strada una bella ragazza e mi “batte il cuore”, sento il profumo delle lasagne di mamma e mi sento felice…anche se qui, forse è la fame!)
cosa succede dopo?
(Tale vissuto interiore) ha molte conseguenze:
Fisiologiche (circolatorie, respiratorie, digestive);(batticuore, affanno…ecc)
Viscerali (possibile perdita del controllo neurovegetativo);(emm…immaginate da soli o volete un disegnino?)
Espressive (mimica facciale, atteggiamento del corpo);(faccia a “pesce lesso”, paralisi di fronte al principe azzurro!)
Psicologiche (ridotto controllo di sé).(vi capita mai di dire o fare la cosa sbagliata??? Beh…quella è l’emozione!)
Le persone alexitimiche hanno una vera e propria difficoltà nel descrivere ciò che stanno provando. Tale difficoltà porta, molto spesso, ha far si che il corpo esprima i propri vissuti tramite disturbi psicosomatici. Quante volte abbiamo sentito espressioni tipo: “ho l’acidità per la rabbia”, “ha il fegato grosso per l’invidia”. Le persone alexitimiche sono i classici individui che durante un colloquio psicologico alla domanda cosa stanno provando, rispondono: “Non, so…” oppure “Niente, ….penso”.
L’emozione è una reazione affettiva che insorge velocemente e che altrettanto brevemente dura ed è determinata da uno stimolo ambientale o interno.(ovvero vedo per strada una bella ragazza e mi “batte il cuore”, sento il profumo delle lasagne di mamma e mi sento felice…anche se qui, forse è la fame!)
cosa succede dopo?
(Tale vissuto interiore) ha molte conseguenze:
Fisiologiche (circolatorie, respiratorie, digestive);(batticuore, affanno…ecc)
Viscerali (possibile perdita del controllo neurovegetativo);(emm…immaginate da soli o volete un disegnino?)
Espressive (mimica facciale, atteggiamento del corpo);(faccia a “pesce lesso”, paralisi di fronte al principe azzurro!)
Psicologiche (ridotto controllo di sé).(vi capita mai di dire o fare la cosa sbagliata??? Beh…quella è l’emozione!)
Le persone alexitimiche hanno una vera e propria difficoltà nel descrivere ciò che stanno provando. Tale difficoltà porta, molto spesso, ha far si che il corpo esprima i propri vissuti tramite disturbi psicosomatici. Quante volte abbiamo sentito espressioni tipo: “ho l’acidità per la rabbia”, “ha il fegato grosso per l’invidia”. Le persone alexitimiche sono i classici individui che durante un colloquio psicologico alla domanda cosa stanno provando, rispondono: “Non, so…” oppure “Niente, ….penso”.
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