31 dic 2008
20 dic 2008
NATALE…CHE STRESS!!
Un libro…il primo regalo acquistato.
Si comincia la corsa si regali sperando di non arrivare l’ultimo giorno correndo tra i vari negozi o, cosa ancor più grave, spero di non dimenticare nessuno! Ho l’elenco ben scritto e riposto in agenda. Non so cosa comprare…ansia…ansia!
Cavoli! Dovrebbe o no essere il periodo più felice dell’anno, tutti si amano, tutti si vogliono bene?
Preparare l’albero, comprare i regali…consegnarli…organizzare il Capodanno…sono feste o è una maratona?
Sempre in virtù del periodo felice, leggendo delle statistiche di alcune riviste di psicologia ho appurato che una recente ricerca dell’Università di Urbino ha rilevato che il 42% degli intervistati (anno 2007) descrive il proprio stato emotivo, durante le festività, come connotato da ansia, tristezza e malinconia.
Questo fenomeno è stato descritto per la prima volta nel 1981 da uno psicologo dell’Università di Cincinnati, e provoca un aumento di richieste di aiuto per motivi psicologici e un maggior numero di ricoveri. Il fenomeno è stato chiamato Christmas Effect (Effetto Natale).
Quali sono le principali cause del Christmas Effect?
Secondo diversi psicologi, il periodo natalizio ci porta ad affrontare il tempo che passa riportando alla mente gli eventi trascorsi. Vi è il rimpianto dell’infanzia passata. Molte persone associano al Natale e al Nuovo Anno una promessa di cambiamento, novità e speranza.
L’affrontare il Natale è un appuntamento con il riscontrare che non vi è stato il miglioramento sperato, quasi idealizzato.
Molti di questi sentimenti sono amplificati dall’obbligo morale di essere felici, altruisti e gioiosi.
Nel momento in cui non ci si mostra come la festività “impone” ci si percepisce ulteriormente fuori luogo e indegni.
Il modo migliore per affrontare psicologicamente il Natale è godersi le feste senza aspettarsi che la festa sia manifestazione di gioia e bontà.
Si comincia la corsa si regali sperando di non arrivare l’ultimo giorno correndo tra i vari negozi o, cosa ancor più grave, spero di non dimenticare nessuno! Ho l’elenco ben scritto e riposto in agenda. Non so cosa comprare…ansia…ansia!
Cavoli! Dovrebbe o no essere il periodo più felice dell’anno, tutti si amano, tutti si vogliono bene?
Preparare l’albero, comprare i regali…consegnarli…organizzare il Capodanno…sono feste o è una maratona?
Sempre in virtù del periodo felice, leggendo delle statistiche di alcune riviste di psicologia ho appurato che una recente ricerca dell’Università di Urbino ha rilevato che il 42% degli intervistati (anno 2007) descrive il proprio stato emotivo, durante le festività, come connotato da ansia, tristezza e malinconia.
Questo fenomeno è stato descritto per la prima volta nel 1981 da uno psicologo dell’Università di Cincinnati, e provoca un aumento di richieste di aiuto per motivi psicologici e un maggior numero di ricoveri. Il fenomeno è stato chiamato Christmas Effect (Effetto Natale).
Quali sono le principali cause del Christmas Effect?
Secondo diversi psicologi, il periodo natalizio ci porta ad affrontare il tempo che passa riportando alla mente gli eventi trascorsi. Vi è il rimpianto dell’infanzia passata. Molte persone associano al Natale e al Nuovo Anno una promessa di cambiamento, novità e speranza.
L’affrontare il Natale è un appuntamento con il riscontrare che non vi è stato il miglioramento sperato, quasi idealizzato.
Molti di questi sentimenti sono amplificati dall’obbligo morale di essere felici, altruisti e gioiosi.
Nel momento in cui non ci si mostra come la festività “impone” ci si percepisce ulteriormente fuori luogo e indegni.
Il modo migliore per affrontare psicologicamente il Natale è godersi le feste senza aspettarsi che la festa sia manifestazione di gioia e bontà.
14 dic 2008
Dopo il post della settiana scorsa sono stato felicemente colpito dall'arrivo di una e-mail nel quale mi si annunciava...
l'organizzazione del secondo Maggio di Informazione Psicologica (MIP II) .
Si parte...
Con questo post voglio invitare tutti i miei colleghi a partecipare a questa bellissima manifestazione di sensibilizzazione e, voglio invitare tutte le persone che hanno voglio di approfondire la loro conoscenza sulla psicologia ad approfittarerne.
L'anno scorso sono venuto a conoscenza di questa manifestazione tardi e non sono riuscito ad organizzare niente...quest'anno non sarà così, ho già alcune idee in mente... speriamo bene!!!
Per chi vuole conoscere meglio la manifestazione e i risultati dell'anno passato può leggere il libro sul MIP2008.
8 dic 2008
PSICOLOGIA: LA STRANIERA!
Nei giorni scorsi ho sentito dai vari TG, mentre imperversava il dibattito sul “maestro unnico” della Gelmini, diverse interviste: docenti, genitori, presidi, ministri, ex-alunni, pediatri..ma lo psicologo infantile?
Qualche sera fa, in una trasmissione in cui si discuteva dell’influenza dei telefonini e delle nuove tecnologie sui bambini, furono invitati a intervenire alcuni pediatri che si sbizzarrivano in varie teorie sullo sviluppo psichico del fanciullo… e lo psicologo?
In qualunque trasmissione in cui di dibatte di benessere vengono intervistati: medici, agopunturisti, naturopati e solo in rare eccezioni Morelli e Crepet.
Mi sono posto un quesito: esiste in Italia una vera e propria conoscenza e cultura “psicologica”?
Quando mi trovo a parlare con altre persone mi sento spesso chiedere: ma cosa fa lo psicologo? Molti non sanno neppure la differenza tra psicologo, psichiatra e medico…
Riusciamo a superare le nostre dispute tra i diversi approcci ed a unirci per il bene di tutta la categoria e dell’utenza?
Sono stato felicemente sorpreso di aver appurato che si stanno organizzando momenti di sensibilizzazione alla psicologia.
Tra i momenti-movimenti a cui ho partecipato vi è stato il MIP 2008: Maggio d’Informazione Psicologica 2008. Tutti i dati sono scaricabili dal sito promotore.
Oltre ad essere una riflessione, questo post vuole essere anche un appello a tutti gli “PSICOLOGI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI” ad unirci per lavorare insieme per il bene di tutti.
Qualche sera fa, in una trasmissione in cui si discuteva dell’influenza dei telefonini e delle nuove tecnologie sui bambini, furono invitati a intervenire alcuni pediatri che si sbizzarrivano in varie teorie sullo sviluppo psichico del fanciullo… e lo psicologo?
In qualunque trasmissione in cui di dibatte di benessere vengono intervistati: medici, agopunturisti, naturopati e solo in rare eccezioni Morelli e Crepet.
Mi sono posto un quesito: esiste in Italia una vera e propria conoscenza e cultura “psicologica”?
Quando mi trovo a parlare con altre persone mi sento spesso chiedere: ma cosa fa lo psicologo? Molti non sanno neppure la differenza tra psicologo, psichiatra e medico…
Riusciamo a superare le nostre dispute tra i diversi approcci ed a unirci per il bene di tutta la categoria e dell’utenza?
Sono stato felicemente sorpreso di aver appurato che si stanno organizzando momenti di sensibilizzazione alla psicologia.
Tra i momenti-movimenti a cui ho partecipato vi è stato il MIP 2008: Maggio d’Informazione Psicologica 2008. Tutti i dati sono scaricabili dal sito promotore.
Oltre ad essere una riflessione, questo post vuole essere anche un appello a tutti gli “PSICOLOGI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI” ad unirci per lavorare insieme per il bene di tutti.
4 dic 2008
IL MODELLO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La terapia cognitiva-comportamentale è un intervento in cui si fondono i due modelli originari:quello cognitivo e quello comportamentale. Si basa sulla stretta relazione tra il nostro comportamento e i processo cognitivi (intesi come pensieri e ragionamenti). La terapia lavora solitamente modificando i pensieri disfunzionali che causano un particolare comportamento.
Molto spesso mi è capitato di sentire che la terapia cognitiva-comportamentale interviene sul sintomo senza indagare sulle cause profonde… purtroppo questa credenza è la conseguenza di una mancata conoscenza approfondita di tale modello. Tale idea è attribuibile ai primi interventi e modelli. Sicuramente se il sintomo che il cliente denuncia è particolarmente invalidante, il primo obiettivo dell’intervento è ridurre il sintomo e permettere alla persona di incominciare a conoscersi più nel profondo. Successivamente alla riduzione del problema principale, la terapia cognitiva-comportamentale ha come scopo conoscere le cause profonde, le credenze di base che hanno causato il disagio. Indubbiamente la lettura dei sintomi, delle cause profonde e delle credenze intermedie che sono alla base del problema vengono lette secondo il modello cognitivo-comportamentale e i principi dell’apprendimento.
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