Carissimi,
dal 25 al 28 ottobre scorso si è tenuto il XVI
Congresso dell’AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del
Comportamento e terapia comportamentale e cognitiva).
Il titolo del Congresso era "Benessere e consapevolezza in psicoterapia" e ha avuto come scopo quello di confrontarsi sulle ultime tecniche psicoterapeutiche in ambito cognitivo-comportamentale. Molti simposi sono stati dedicati alla mindfulness e alle sue applicazioni in ambito clinico e psicopatologico. Tra le terapie mindfulness-based discusse nel congresso alcuni simposi sono stati dedicati all'ACT (Acceptance and Commintment Therapy).
Il 25 ci sono stati dei workshop precongressuali ai quali non ho partecipato.
Il titolo del Congresso era "Benessere e consapevolezza in psicoterapia" e ha avuto come scopo quello di confrontarsi sulle ultime tecniche psicoterapeutiche in ambito cognitivo-comportamentale. Molti simposi sono stati dedicati alla mindfulness e alle sue applicazioni in ambito clinico e psicopatologico. Tra le terapie mindfulness-based discusse nel congresso alcuni simposi sono stati dedicati all'ACT (Acceptance and Commintment Therapy).
Il 25 ci sono stati dei workshop precongressuali ai quali non ho partecipato.
Il Congresso è stato molto interessante e, essendo
nazionale, ha visto la partecipazione di terapeuti provenienti da tutta Italia.
È stato stimolante comprendere il punto di vista di terapeuti provenienti da
altre regioni e con un altro modo di lavorare. Molti simposi hanno riportato all'attenzione ricerche compiute su alcune applicazioni della TCC. Nonostante sicuramente
fossero interessanti, devo ammettere che, se in un Simposio, 4 relatori su 4
descrivono una loro ricerca la situazione si fa pesante.
Nella prima mattinata vi sono state delle
letture magistrali tenute da alcuni terapeuti di fama internazionale (Baer, Ball, Arntz). I loro
interventi sono stati moto interessanti e sicuramente mi hanno dato dei suggerimenti da poter applicare nella prassi clinica.
Infatti, ho notato che pochi relatori hanno dato un
contributo spendibile nella pratica….sicuramente le ricerche sono molto
importanti e ci aiutano a comprendere il funzionamento delle tecniche e della
loro applicabilità…ma è anche importante confrontarsi sulla clinica in senso
stretto.
Durante il Congresso ho notato come sia diverso l’atteggiamento
dei relatori italiani rispetto a quelli stranieri. Ho osservato che i relatori stranieri
erano molto più disposti a mettersi in discussione, posti di fronte a domande “banali”
o particolari (in un intervento un partecipante ha fatto una domanda su aspetto
economico) non si sono tirati indietro ma hanno risposto con la serenità di chi
è sicuro del proprio sapere e desidera condividerlo con altri anche a costo di
essere messi in discussione. Alcuni relatori italiani posti di fronte a domande
simili si sono subito trincerati dietro un atteggiamento di superiorità. Non capisco
il perché? Se l’incontro tra professionisti dovrebbe essere un momento di
crescita reciproco, perché bloccare la comunicazione?
I relatori stranieri avevano anche una maggiore
schiettezza intellettuale spiegando i propri limiti e i limiti delle proprie
tecniche.
Molti simposi erano interessanti, ma quello che mi ha
quasi colto di sorpresa è stato quello su “Psicoterapia tra scienza e
creatività”. Durante il simposio oltre ad alcune riflessioni sull'aspetto scientifico della psicoterapia si è discusso su come esprimere la propria
creatività all'interno di un percorso strutturato come quello
cognitivo-comportamentale. Il dibattito ha coinvolto anche alcuni uditori che
come me vogliono migliorare la loro pratica clinica.
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