23 ott 2008
RACCONTI PSICO-ZEN
Un giorno un agricoltore scoprì su una collina in una foresta una statua di inestimabile valore di uno dei diciotto Arhats (Santoni) buddhisti. Chiamò gli amici:
“Uh! Un Arhat d’oro!”
“Devono essere cento chili di oro puro!”
“Ah! Avremo da mangiare e bere a sufficienza per sempre!”
La famiglia e gli amici dell’agricoltore erano molto eccitati dalla scoperta.
Ma l’agricoltore si sentiva depresso e se ne stava seduto con un’espressione preoccupata sul viso.
“Ora che sei ricco. Di cosa ti preoccupi tanto?”
“Ecco. Non so dove sono gli altri diciassette Arhats!”
Ricchezza e povertà non dipendono dal denaro che possediamo, ma piuttosto dall’accontentarci o meno di ciò che abbiamo.
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2 commenti:
Credo che l'accontentarsi non si possa realizzare quando quello che abbiamo raggiunto non ci appartiene fino infondo. Quando ciò che raggiungiamo non incarna i nostri più intimi desideri e propensioni allora si rimane comunque vuoti, la ricerca continua freneticamente e incessantemente verso il bisogno del volere qualcosa di profondo e vero. Credo questo.
Complimenti per la storia che ho trovato molto carina.
ritengo che questa riflessione vada benissimo quando la meta raggiunta sia inanimata (una posizione lavorativa ad esempio).ma cosa succede se la meta invece è animata, una persona? ci rendiamo conto che potremmo calpestarla solo perchè una mattina ci accorgiamo che abbiamo sbagliato?non sarebbe meglio avere le idee già più chiare? accontentarsi implica, a mio avviso, una visione negativa di una situazione, non valutando o trascurando la parte positiva....e credo che la ricerca di qualcosa di vero e profondo, vada prima sviscerata all'interno della meta raggiunta e poi, solo dopo, possa essere cercata consapevolmente aldilà del limite raggiunto!
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